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KARL POPPER E IL PRINCIPIO DI FALSIFICABILIA'

"Evitare errori è un ideale meschino. Se non osiamo affrontare problemi che sono così difficili da rendere l'errore quasi inevitabile, non vi sarà allora sviluppo della conoscenza.

Nessuno può evitare di fare errori: la grande cosa è imparare da essi."


Karl Popper nacque a Vienna il 28 luglio del 1902 da una famiglia borghese di origini ebraiche.

Studia all'università di Vienna e attratto dalle teorie marxiste entra a far parte dell'associazione degli studenti socialisti e si iscrive al partito social democratico d'Austria.

Deluso però dalle restrizioni filosofiche imposte dal materialismo storico di Marx, abbandona l'ideologia marxista.

Consegue il dottorato in filosofia e insegna in diverse scuole secondarie.

Nel 1937, in seguito all'avvento del nazismo è costretto a fuggire in Nuova Zelanda. Nel 1946 si trasferisca in Inghilterra.

Si ritira dall'insegnamento nel 1969 ma rimane intellettualmente attivo fino al 1994, anno della sua morte.


Per descrivere il proprio approccio filosofico alla scienza, Popper ha coniato l'espressione Razionalismo critico.

Secondo questo approccio la ragione, in materia di conoscenze empiriche, non può avere una funzione dimostrativa ma unicamente un compito critico.

La ragione, infatti, non è in grado di dimostrare la verità di una teoria scientifica ma deve esclusivamente essere impiegata per cercare di falsificare la teoria stessa.

L'approccio alla conoscenza scientifica deve avvenire sulla base di ciò che Popper chiama Principio di falsificabilità: tale principio afferma che una teoria è scientifica solo se sottoponibile a controlli in grado eventualmente di falsificarla.


Popper affida alla ragione il compito di individuare i possibili errori che si celano nelle teorie prese in esame.

Se le tesi sostenute da tali teorie non contrastano con l'esperienza e i tentativi di falsificazione da parte della ragione non ottengono risultati le teorie possono essere ritenute corroborate. Ciò significa che sono rinforzate: mai si possono dire verificate poiché ogni argomentazione da parte della ragione è provvisoria.


Dal razionalismo critico deriva la concezione fallibilistica popperiana: da un lato riconosce come incerta ogni conoscenza empirica e dell'altro non nega l'esistenza di una verità assoluta come ideale a cui tendere.

L'errore perde così la sua connotazione negativa e diventa uno strumento grazie a cui è possibile delimitare l'orizzonte della verità.

L'errore rappresenta infatti un limite della scienza ma allo stesso tempo è una sua parte costitutiva perché consente di imparare da esso attraverso la sua costante eliminazione resa possibile dal dibattito critico.

Il progresso scientifico, per Popper, non consiste in un accumulo di verità ma nello scarto degli errori: quanto più si sbaglia tanto più si evolve la conoscenza.





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